Quali sono i cannabinoidi più comuni della cannabis?

Leggendo il nostro articolo “Cosa sono i cannabinoidi?”, abbiamo imparato a conoscerli, ma quindi, quanti e quali sono i cannabinoidi?

Finora, sono stati scoperti 113 cannabinoidi nella pianta di cannabis. Questo numero sembra destinato ad aumentare nei prossimi anni, data la rapida crescita di ricerche in questo campo. Sebbene alcuni siano presenti in alte concentrazioni, altri si trovano solo in minime tracce, il che rende molto difficile studiare i loro potenziali effetti. Inoltre, non tutti i cannabinoidi sono presenti contemporaneamente.

Detto questo, ecco i 10 cannabinoidi più importanti, conosciuti fino ad ora, prodotti dalla cannabis.

THC

Questo cannabinoide ha bisogno di poche presentazioni. Il delta-9-THC è sicuramente quello più famoso e con buone ragioni. Provocando l’effetto psicotropo che molte persone conoscono ed amano, questo composto produce un senso di euforia ed un profondo relax in molti consumatori. Usato da migliaia di anni da tutta l’umanità, gli effetti del THC sono noti da tempo.

Il THC produce un potente effetto psicotropo e lo fa legandosi direttamente ai recettori CB1 nel nostro cervello. Ma come può questo meccanismo causare lo sballo? Riducendo la concentrazione della molecola “secondo messaggero” cAMP attraverso l’inibizione dell’adenilato ciclasi.

Sono state condotte numerose ricerche sul THC e sui suoi potenziali usi, in particolare come possibile trattamento per la sclerosi multipla ed altri disturbi neurodegenerativi. Tuttavia, i suoi potenziali usi potrebbero andare ben oltre e, attualmente, è in fase di studio per verificare la sua efficacia contro molte patologie fisiche e mentali.

Nonostante ciò, tra tutti i cannabinoidi, il THC è anche quello che può causare maggiori danni. Sebbene non siano state ancora determinate le esatte cause, esiste un legame tra il THC e l’aumento di alcune malattie mentali. Ciò che non sappiamo ancora è se questa sia una caratteristica intrinseca dell’interazione del THC con il cervello umano o un’anomalia che si manifesta solo in determinati individui.

CBD

Il cannabidiolo ha preso d’assalto il mondo negli ultimi anni e sta acquistando rapidamente la stessa popolarità del THC. È interessante notare che THC e CBD sono molecole molto diverse. Mentre il THC ha un’affinità per i recettori CB1 e CB2, il CBD non ha quasi alcuna interazione diretta con loro. Piuttosto, il CBD sembra legarsi al recettore della serotonina 1A ed influenza la produzione di anandamide. È questo che si pensa sia alla base della gran parte degli effetti fisiologici del CBD.

Il CBD si trova più facilmente nelle piante di canapa e la sua concentrazione tende ad essere molto bassa nelle varietà ad alto contenuto di THC. Tuttavia, questo sta cambiando. Negli ultimi anni, i breeder hanno appositamente sviluppato varietà con alte concentrazioni di CBD, a volte in un rapporto 1:1 con il THC. Infatti, oggi possiamo acquistare canapa con un contenuto di CBD superiore al 20% e di THC inferiore allo 0,3%.

A differenza del THC, il CBD non provoca alcun effetto psicotropo, anche se alcuni consumatori riferiscono di sentirsi più rilassati mentalmente e fisicamente dopo averlo assunto. È interessante notare che, oltre a non legarsi ai recettori CB1 e CB2, il CBD può anche impedire ad altri composti di legarsi con essi. È stato dimostrato che il CBD riduce gli effetti del THC, sia a breve che a lungo termine.

Il CBD ha la capacità di contrastare gli effetti del THC, motivo per cui viene studiato sempre più nel dettaglio. La relazione del CBD con gli effetti antipsicotici continua ad essere al centro di numerose ricerche. Allo stesso modo, ci sono nuovi studi su altre aree della salute mentale, come ansia e depressione.

Molti cannabinoidi vengono studiati per discernere la loro relazione con il cervello e i potenziali usi contro i disturbi neurodegenerativi. Il CBD è tra questi. Sono state condotte importanti ricerche per verificare se possa avere o meno proprietà neuroprotettive, ovvero la capacità di rallentare la degradazione delle cellule cerebrali. Con il progredire della ricerca, gli usi del CBD diventeranno sempre più chiari.

THCV

THCV, o tetraidrocannabivarina, è un cannabinoide che sta guadagnando sempre più popolarità. Proprio come il THC, provoca effetti psicotropi. Sebbene non se ne sappia ancora molto, secondo alcuni provoca uno sballo lucido e stimolante. La sua interazione con il corpo dev’essere ancora chiarita, ma si pensa che sia un antagonista neutro del recettore CB1 e agonista del recettore CB2. In quanto tale, influenza direttamente il funzionamento del SEC, come il THC.

Nonostante sia poco popolare, la THCV non è un cannabinoide molto raro e non si trova solo in quantità irrilevanti. Alcune varietà di cannabis possono contenere fino al 16% di THCV in peso secco.

I meccanismi d’azione della THCV sono unici. A basse dosi, agisce come un antagonista del recettore CB1, il che significa che non può produrre alcun effetto psicotropo. Tuttavia, a dosi maggiori, cambia e diventa un agonista del CB1. Questo cambiamento nel meccanismo d’azione risulta insolito e, al momento, è compreso solo in parte. Tuttavia, significa che la THCV può produrre effetti psicotropi solo a dosi più elevate.

Sono in corso alcuni studi per scoprire se la THCV possa effettivamente essere un trattamento efficace per la perdita di peso. A quanto pare, la sua capacità di contrastare i recettori CB1 a dosi più basse potrebbe influenzare l’appetito e il metabolismo in modo benefico.

È interessante notare che negli studi sui topi è stato dimostrato che il corpo non sviluppa una tolleranza alla THCV. Se questa proprietà dovesse essere confermata anche negli esseri umani, la tetraidrocannabivarina potrebbe essere somministrata come trattamento a lungo termine, senza la necessità di aumentare la dose e riducendo i rischi di sviluppare dipendenze problematiche.

CBDV

La CBDV (cannabidivarina) è un composto simile al CBD, ma influenza il corpo in modi diversi. Malgrado sia poco conosciuta nella cultura popolare, è un cannabinoide su cui sono stati condotti numerosi studi (almeno rispetto ad altri). Le varietà di cannabis indica tendono ad avere maggiori concentrazioni di CBDV, in particolare le varietà autoctone indica.

La CBDV influenza i recettori TRPV e la produzione dell’endocannabinoide 2-AG. Proprio come il CBD, sembra inibire i recettori CB1 e CB2. I recettori TRPV sono anche chiamati recettori vanilloidi o della capsaicina perché, nel primo caso, alcuni composti benefici presenti nella vaniglia si legano ai recettori TRPV. Nel secondo caso, invece, è il composto antinfiammatorio capsaicina (presente nei peperoncini) ad avere un’affinità con questi recettori.

Questi canali si trovano in tutto il sistema nervoso del nostro corpo e si ritiene che siano essenziali nella percezione del dolore. Sono anche presenti in concentrazioni minori nel cervello, ma il loro scopo rimane un mistero.

Sembra che la CBDV possa anche inibire l’attività del diacilglicerolo (DAG), il principale enzima coinvolto nella sintesi del 2-AG. Inibendo questo enzima, riduce l’attivazione dei recettori CB1 e CB2.

Ovviamente, con un raggio d’azione così ampio, la CBDV potrebbe avere alcune potenziali applicazioni cliniche. Per quanto riguarda i recettori TRPV, i farmaci che li disattivano completamente sono considerati molto pericolosi, poiché rendono il consumatore incapace di provare dolore. Tuttavia, come altri recettori, questi si desensibilizzano quando vengono sovrastimolati, rendendoli meno suscettibili al dolore, ma senza rimuoverlo del tutto.

Di conseguenza, si ritiene che la CBDV potrebbe stimolare questi canali in modo efficace, senza causare alcun dolore iniziale.

CBG

Il cannabigerolo compare presto nella vita di una pianta di cannabis. In primo luogo, c’è il CBGA, da cui discendono tutti gli altri cannabinoidi. La “A” significa semplicemente che è presente in forma acida. Con il passare del tempo, il CBGA diventa uno dei quattro cannabinoidi: CBDA, THCA, CBCA e CBG. Poiché CBDA, THCA e CBCA subiscono la decarbossilazione (riscaldamento), questi acidi cannabinoidici perdono la loro A e diventano rispettivamente CBD, THC e CBC. Ma come puoi vedere, il CBG ha già subito questo processo e, di conseguenza, è un cannabinoide piuttosto stabile.

Tuttavia, il CBG non è presente in alte concentrazioni in gran parte delle piante di cannabis. Infatti, spesso arriva solo all’1% circa. Ma i breeder stanno oggi coltivando e stabilizzando varietà di cannabis con concentrazioni più elevate di CBG, il che lo renderà un cannabinoide più facile da studiare.

Poiché è presente solo in piccole concentrazioni, comprendere gli effetti del CBG è piuttosto difficile. Quello che sappiamo è che agisce come agonista del recettore alfa-2 adrenergico, che è coinvolto nella percezione del dolore. Sebbene non se ne sappia ancora molto, si pensa che il CBG possa avere qualche effetto sul dolore o sulla sensibilità al dolore. Come la CBDV, può stimolare alcuni recettori e renderli meno sensibili agli stimoli dolorosi.

CBC

Prodotto dal CBCA decarbossilato, il cannabicromene (CBC) è tra i cannabinoidi meno conosciuti. È stato scoperto per la prima volta nel 1966 ma, a causa di una legislazione severa, è stato oggetto di pochissime ricerche.

Si pensa che il CBC non sia psicotropo, poiché interagisce con i recettori CB1 e CB2 in modo simile al CBD. Allo stesso modo, sembra avere un’affinità con i canali TRP, proprio come la CBDV. È troppo presto per dirlo. Osservando i recettori con cui ha un’affinità e le sue apparenti proprietà non psicotrope, potrebbe avere un potenziale come trattamento con pochi effetti collaterali o, almeno, nessuno “sballo”.

CBN

Il cannabinolo (CBN) è un cannabinoide affascinante per come viene creato. Questo fugace cannabinoide appare solo in minime tracce nelle piante di cannabis ancora vive e in piena crescita. Tuttavia, quando una pianta inizia ad invecchiare superando la data di maturità (il punto ottimale in cui raccogliere), le concentrazioni di CBN iniziano ad aumentare. Questo accade quando il THCA si ossida e diventa CBNA. Quando il CBNA è esposto a calore e luce, subisce un processo di decarbossilazione e diventa CBN.

Il CBN interagisce con i recettori CB1, CB2 ed i canali TRP. Questo gli conferisce un raggio d’azione piuttosto insolito. Sembra avere una maggiore affinità verso il recettore CB2, ma agisce anche come agonista del CB1.

Si ritiene che modulando il recettore CB1, il CBN possa influenzare l’appetito. Nel 2012, questa ipotesi è stata dimostrata nei ratti. Inoltre, sebbene se ne sappia ancora poco, la sua affinità verso una serie di recettori potrebbe offrire benefici potenzialmente utili ed insoliti.

THCA

L’acido tetraidrocannabinolico (THCA) è il precursore del THC. Quando il THCA subisce la decarbossilazione, diventa THC. È interessante notare che, sebbene parte di questa reazione avvenga nella pianta, in gran parte avviene durante il processo di combustione, vaporizzazione o cottura. Quindi, la tua canna è ricca di THCA finché la fiamma non lo converte in THC.

Nonostante sia il precursore acido del THC, il THCA non ha gli stessi effetti psicotropi del THC, poiché la molecola ha poca affinità verso i recettori CB1 (ma anche CB2).

Questo non vuol dire che non serva a nulla. Sono state condotte alcune ricerche sulle potenziali proprietà neuroprotettive del THCA. Detto questo, la ricerca è ancora agli inizi ed è troppo presto per dire con certezza quali siano le sue proprietà. Questo vale per molti altri acidi cannabinoidici, poiché, fino a poco tempo fa, non erano accessibili per questo tipo di studi.

CBDA

L’acido cannabidiolico (CBDA) è il precursore del CBD precedentemente menzionato. Come il THC e il CBC, deriva dal CBGA (acido cannabigerolico). Gli enzimi cosiddetti “sintetasi” interagiscono con il CBGA per convertire il composto in CBDA.

Come il CBD, il CBDA non ha effetti psicotropi, in quanto non si lega ai recettori CB1 o CB2. Tuttavia, sembra avere qualche effetto sui recettori della serotonina e sui recettori attivati da proliferatori perossisomiali (PPAR).

Proprio come molti acidi cannabinoidici, la ricerca è ancora agli inizi e i potenziali usi del CBDA devono essere ancora scoperti. Detto questo, i ricercatori sembrano particolarmente interessati a questo cannabinoide e sono in corso numerosi studi sul suo potenziale terapeutico per disturbi come ansia, infiammazioni e nausea, solo per citarne alcuni.

CBGA

L’acido cannabigerolico, la madre di tutti i cannabinoidi. Questo è il primo cannabinoide a comparire nella cannabis e quello da cui discendono tutti gli altri 113 (ed oltre). Instaura una funzione protettiva precoce e provoca la necrosi cellulare, dicendo alla pianta quali parti di sé può e non può uccidere. Alla fine, questa funzione potrebbe venirci utile anche quando fumiamo.

Di per sé, il CBGA non ha effetti psicotropi, ma contribuisce a dare origine ai molteplici altri effetti espressi dalla cannabis. Sebbene la ricerca sia limitata, le poche informazioni in nostro possesso mostrano che il CBGA può inibire l’enzima aldoso reduttasi, che è correlato a problemi cardiaci e può inoltre avere un effetto citotossico sulle cellule tumorali.

Sia nella ricerca che nel consumo di cannabis, i cannabinoidi minori e gli acidi cannabinoidici stanno attirando sempre più attenzioni. Sono finiti i tempi in cui le persone volevano che la loro erba contenesse solo la maggior quantità possibile di THC. Ora, ci sono intere linee di varietà con poco o nessun THC presente. Man mano che i breeder riusciranno ad aumentare le concentrazioni di altri cannabinoidi, diventerà sempre più chiaro ciò che possono offrirci. Si prospettano tempi emozionanti!

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